Sci alpinismo in Marocco

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Una folla circonda la nostra macchina, molti indossano un giubetto catarinfrangente ed hanno dei piccoli biglietti in mano. Una sbarra chiude la strada che porta ad Oukaïmeden.

“Ticket, Ticket! Parking Ticket!” Non ce la beviamo, li salutiamo sogghignando e procediamo per la nostra strada. Dopo 3 giorni passati a Marrakech siamo ben preparati dal diffidare di ogni richiesta di pagamento.

Ci troviamo ad Oukaïmeden quasi per caso. Una meta decisa all’ultimo secondo grazie alla scrupolosa ricerca di foto pubblicate su Instagram. Data la scarsa quantità di neve caduta quest’anno, e la difficoltà nel reperire le giuste informazioni, siamo costretti a pianificare il nostro itinerario giorno per giorno. Mi accompagna Roberto, amico e maestro di sci de L’Aquila,  Caterina (uno dei fondatori di adventuredreamers.com) ed Hilke, la nostra simpatica amica tedesca. Quest’anno (nel 2019 siamo stati in Albania con altri clienti), il programma prevedeva di sciare prima a Tacheddirt, sul Likemte, per poi proseguire nella valle del Toubkal (4.167m), la montagna più alta del Nord Africa.

Arriviamo agli impianti di Oukaïmeden, uno dei due comprensori sciistici presenti in Marocco (l’altro, Ifrane, si trova più a Nord-Est).

Il comprensorio si trova a 70km da Marrakech, e con una quota di circa 2610m è la stazione sciistica più alta d’Africa. Ci sono 7 impianti di risalita, tra cui una seggiovia biposto che arriva proprio sulla cima dell’Oukaimdan a 3200m. Terra berbera, Oukaïmeden vede i primi turisti negli anni ‘’30, quando il Club Alpino Francese costruì il primo rifugio. Non esistono vere e proprie piste e nemmeno gatti delle nevi. Dalla cima ci sono molte discese che difficilmente si trovano tracciate e, grazie agli impianti che raggiungono quote elevate, è possibile fare freeride su un metro di neve, in Africa! (La maggior parte degli sciatori europei sceglie come meta direttamente la valle del Toubkal, dove è obbligatorio l’utilizzo delle pelli, ed è richiesta una logistica di viaggio più complessa). Gli arcaici impianti di risalita provengono dalla Francia e dall’Italia degli anni 80, sebbene la seggiovia biposto che porta in cima sia più recente. Immaginate quindi di prendere una macchina del tempo e venire catapultati nel passato. Anche gli sci dei “noleggi”, esposti come in un mercato della medina, sono della stessa decade: Rossignol, Dynastar e Blizzard, lunghissimi, fini e molto rigidi. Questi noleggi non sono come noi li concepiamo. Alcuni berberi posseggono decine di paia di sci e li noleggiano per 100 MAD al giorno. La mia generazione non ha nemmeno mai visto molti di quei pezzi; Roberto invece rimane esterrefatto da questo “pas en vogue”.

Nel piazzale della seggiovia, dove la strada carreggiabile si interrompe, incontriamo altri parcheggiatori. Troviamo anche bancarelle di spezie, barrette energetiche, lampade e pietre “preziose” (geodi). Accostiamo ed il nostro passeggero scende. Un bambino di circa 14 anni a cui abbiamo dato un passaggio lungo la strada. Non va a scuola, non parla Inglese e poco Francese. Le sue guance sono bruciate dal sole e la sua abbronzatura maschera la cicatrice di un’operazione; forse per labbro leporino. E’ simpatico e sorride quando cerco di capire chi è e cosa fa nella vita. Salutandoci ci lascia un ramoscello di salvia come riconoscimento e si mescola nel gruppo. Tra la folla c’è un uomo con una giacca rossa, sembra sulla sessantina, ed indossa un paio di occhiali neri da sci. Ci ispira fiducia e ci dirigiamo verso di lui. Si chiama Homarr ed è un maestro di sci marocchino.

Non abbiamo trovato molte informazioni a riguardo ma esiste un titolo da maestro di sci in Marocco, come quello da guida (la maggior parte delle guide lavora nella valle del Toubkal). Non bisogna pensare a queste figure in rapporto a quelle europee, siamo pur sempre in un continente in cui la cultura degli sport invernali è residuale se paragonata ad altri contesti. Molti berberi di Oukaïmeden hanno imparato a sciare in totale autonomia. Con l’aiuto delle aziende europee hanno rinnovato la loro attrezzatura (semplici assi di legno) e gli impianti di risalita hanno sostituito i muli per raggiungere la cima delle montagne (servizio ancora in uso oggi, con poca neve, al prezzo di 100 MAD per mulo). Queste adesso sono le stesse persone che insegnano ai marocchini la pratica dello sci.

Chiediamo per un posto molto economico dove dormire e, dopo qualche trattativa, ci dirigiamo verso quella che sarà la nostra nuova dimora per i prossimi 4 giorni. Homarr ci fa strada. Riprendiamo la macchina non curandoci dei parcheggiatori e passando sotto la seggiovia. Di solito non è permesso continuare in auto. Ci sentiamo dei privilegiati per questo, quasi dei local. Guidiamo addirittura sopra la rampa dove gli sciatori si fermano per aspettare i sedili della seggiovia, chiedendoci come sia possibile partire senza neve e non rovinare la soletta. Penso alle scintille degli sci di JP Auclair in ALL. I.CAN. Per nostra fortuna la seggiovia è spenta (viene messa in funzione con un minimo di quattro persone e 100 MAD a testa al giorno).

C’è puzza di sterco, la porta in lamiera è chiusa con un grosso lucchetto. La vista è magnifica e la zona è isolata rispetto al villaggio turistico di Oukaïmeden. La cosa più bella? Il pensiero di vivere i prossimi giorni a contatto con la popolazione locale, i berberi. Dormendo nei loro letti, fatti in tavole di legno, ed assaporando la loro cucina, poco varia ma cosi deliziosa e genuina che compreremo due Tajine da portare in Italia.

Potrei descrivere questo posto come una specie di alpeggio. Gli abitanti sono pastori, maestri di sci, noleggiatori di slittini o di muli. Oppure tutte e quattro le cose insieme.

Ma non credo che alpeggio possa rendere veramente l’idea del posto, nonostante sia un abitazione temporanea e gli abitanti vi passino solo parte della loro vita. Queste costruzioni venivano, e vengono ancora, usate per portare le capre e le pecore al pascolo. Per arrivarci i berberi impiegano circa 2 ore a piedi da Tacchedirt o Tamatert (dove abita la famiglia di Homarr) oppure mezz’ora in sella ad un mulo. La parola corretta per descriverle è “maison de moutons” (casa delle pecore). La dimora dei Berberi di montagna: stalle di pietra e fango con letti su tavole di legno ed una montagna di coperte impolverate per ripararsi dal freddo e dall’elevata escursione termica. Sono dotate di bagno esterno (una fossa con una turca), zero elettricità ed acqua corrente che sgorga da una fontana ad una trentina di metri dall’entrata. E’ perfetta! Battiamo le coperte in una nuvola di polvere, sistemiamo le sacche sci e ci sediamo sulla nostra panchina speciale, per metà marcata Rossignol e per metà Blizzard, osservando le montagne che ci circondano con in mano una tazza di té alla menta.

Il tè marocchino o, più comunemente, in darija ataylatay o tay, è un tè prodotto grazie all’infuso di acqua bollente su foglie di tè verde e menta, accompagnato da molto zucchero. Troppo zucchero. Siete mai stati a cavallo? Avete presente le zollette di zucchero che mangiano i cavalli? Quelle a forma di parallelepipedo. Bene! Il vero berbero ne usa più di un pugno per una porzione da due. La teiera viene prima riscaldata. In seguito viene aggiunto il tè che viene pulito, prima di essere versato, mettendo una piccola quantità di acqua bollente che viene scartata dopo un minuto circa. Dopodiché si mette zucchero e menta, riempiendo la teiera di acqua bollente, che viene messa sul fuoco per due o tre minuti ancora. Le teiere sono molto belle e di forma veramente originale. Colpisce molto il modo in cui il tè viene versato. Sembra quasi una gara a chi riesce a centrare il bicchiere da più in alto possibile.

Sono ormai le 6 di sera ed il sole comincia a scendere tra le montagne. Homarr è impegnato nel preparare la nostra cena a base di Cous Cous e Tajine e noi ne approfittiamo per osservare ogni suo gesto, apprezzando quella che scopriremo essere una vera e propria arte.

La Tajine (di pollo o vegetariana), il cous cous, l’omelette ed il pane fatto a legna fanno parte della dieta berbera. Il Cous Cous invece ha una qualità completamente differente da quella che possiamo trovare in Europa ed a Marrakech. Come diversa è la modalità di cottura, molto più lenta.

La Tajine è un piatto con un coperchio, anch’esso in ceramica, a forma conoidale. Viene messo direttamente sulla brace o sul fornellino a gas. Prima vengono messe le cipolle con acqua ed un poco di olio, poi viene aggiunto il pollo e le verdure, sistemate in ordine di cottura. La cottura è di circa una o due ore, dipende dalle verdure, e nel mentre si aggiunge Ras el Hanout e paprika. Il Ras el Hanout è una miscela di trenta spezie di diversa varietà, in base agli utilizzi. Possiamo trovare al suo interno coriandolo, alloro, cumino, cardamomo, pepe nero, anice, aglio, chiodi di garofano, noce moscata, petali di rosa e fiori di lavanda.

Il cous cous viene setacciato più volte e poi cotto al vapore per circa mezz’ora. Poi viene di nuovo setacciato aggiungendo sale ed olio, e fatto cuocere per un’altra mezz’ora. Alla fine, sul piatto, vengono aggiunte le verdure.

Tutti gli attrezzi di cui Homarr dispone sono: un fornellino a gas, una tanjia, una pentola ed uno scolapasta usato per cuocere il cous cous. Questo viene messo sopra la pentola con dentro le verdure. Per sigillare bene il tutto Homarr usa una pellicola di plastica tra il bordo della pentola e la base dello scolapasta. L’oggetto che nella stanza buia attira di più la mia attenzione è una lampada a gas. La fiamma avvolge una retina in metallo, rendendola rosso incandescente. La luce che crea nella piccola stanza è surreale.

Dopo un ottima cena ci godiamo la notte stellata per qualche minuto per poi chiuderci dentro i nostri sacchi. Siamo al calduccio ed un po feriti nell’orgoglio pensando alle poche coperte che Homarr utilizza per dormire. Utilizzo un sacco -3 confort. I berberi di questa zona sono veri uomini di montagna, con il viso cotto dal sole e le mani gonfie dal lavoro. Homarr ha 40 anni. Ne dimostra 60.

L’alba è alle 8 di mattina, mentre il sole ad Oukaïmeden fa capolino intorno alle 9. I muli ci aspettano. Carichiamo tutti i nostri sci e partiamo per una valle che dista circa mezz’ora di marcia in mulo.

Il contrasto è totale! Una linea separa il Nord dal Sud, il bianco dal marrone e dal rosso.Le condizioni dell’inverno 2019/20 non sono delle migliori in Marocco, come per il centro Italia. A Febbraio è possibile trovare anche un metro di neve, ma non questa volta. La sfortuna ci perseguita! Saremo costretti a riorganizzare tutti i nostri piani per godere a pieno di queste montagne, anche in assenza della nostra dama bianca.

La neve è molto strana. E’ completamente asciutta. Nonostante le temperature di 18 gradi non molla mai troppo. Sui pendii che rimangono più tempo in ombra c’è ancora un po di fondo (il sole è molto alto in Marocco e, prima o poi, raggiunge anche i pendii ripidi esposti a nord). Forse riusciremo a sciare. E’ tutta una questione di angolazione. Più il sole colpisce perpendicolarmente il terreno e più è efficace la sua azione. Qualcuno di voi potrà affermare: “grazie al c…”. Avete ragione! Ma qui questo fenomeno è accentuato all’ennesima potenza e ci regala linee e colori unici al mondo. Tutto questo ci fa sognare. Purtroppo dove c’è neve ci sono anche troppi sassi per entrare in curva, quindi sciamo leggeri, troppo intimoriti per lasciarci andare veramente.

Passiamo le nostre giornate esplorando la zona, che offre un’infinità di gite; purtroppo per noi con poca neve. Alla fine riusciamo a trovare qualche informazione sulle condizioni a Tacheddirt e sul Toubkal (4167m).Dopo un lungo dibattito interiore accettiamo l’evidenza. Non si potrà più sciare.

Mi sono da poco trasferito a L’Aquila, da Ottobre 2019. Nonostante sono anni che frequento il Gran Sasso, i progetti e le aspettative erano, e sono, ancora tanti. C’è molto da esplorare con gli sci ai piedi. Prima di partire per il Marocco non erano però arrivate perturbazioni importanti. Provate quindi ad immaginare la mia situazione. Questo viaggio rappresentava uno sfogo per una stagione invernale mai arrivata. -“Siete pur sempre in Africa”- starete pensando. Ma le informazioni reperite negli anni passati ci dimostravano tantissima neve, proprio a Febbraio.

Dopo aver visitato la valle del Toubkal a piedi, aver dormito in rifugio e raggiunto la cima a 4167m siamo riusciti ad aprire gli occhi. Le montagne in questo periodo sono bellissime. La poca quantità di neve crea dei contrasti impossibili da trovare in condizioni diverse e queste cime, cosi imponenti, ricordano un paesaggio Nepalese. La grossa differenza si trova in cima, dove l’orizzonte rosso si fa deserto.

Lo sci è solo un mezzo per viaggiare! Ciò che realmente ci arricchisce sono le esperienze vissute a contatto con gli amici, le persone e le culture. La curva, la linea e la soffice powder ci offrono sensazioni fugaci di benessere ed adrenalina, che non ci lasciano nulla di nuovo. Non possiamo fare a meno di queste emozioni ma, per completarle, dobbiamo allargare il nostro sguardo a tutto ciò che le circonda.

Spezzone delle riprese dai noi effettuate durante il nostro viaggio di sci in Marocco (Febbraio 2020).
Questo video è un estratto del TG #SCOTTnews di SCOTT ITALIA.

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