Caccia al castello. Gioielli nascosti d’Appennino

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Pronti alla seconda parte della nostra caccia ai castelli nascosti d’Italia? Dalle Alpi ci spostiamo in Appennino. Viaggiando lungo lo Stivale si possono scoprire centinaia di gemme architettoniche, le cui mura ancora oggi raccontano storie di un passato lontano. Spesso ruderi, dimenticati quasi dall’uomo e riconquistati dalla natura. Vi sono però perle, come la celebre Rocca Calascio in Abruzzo, divenute icone appenniniche da preservare. Il nostro viandare, come nel precedente episodio, ci condurrà alla scoperta di 5 antichi edifici arroccati su alture da cui dominare l’orizzonte. Preparate bastoncini e scarponi, si parte.

Rocca Calascio – Abruzzo

Iniziamo il nostro viaggio proprio dalla celebre Rocca Calascio, la spettacolare fortezza abruzzese nota in tutto il mondo, per merito anche del cinema. La troviamo in numerose pellicole, tra cui due decisamente famose: “Lady Hawke” (1985) e “Il nome della Rosa” (1986). Si innalza su uno sperone roccioso nel territorio di Calascio (AQ), dominando sulla Valle del Tirino e l’altopiano di Navelli, a quota 1460 metri tra le vette del Parco Nazionale del Gran Sasso d’Italia. Per il panorama impareggiabile è stata inserita dal National Geographic nella lista dei 15 Castelli più spettacolari del mondo.

La posizione della rocca era molto favorevole dal punto di vista difensivo ed era per certo utilizzata come punto d’osservazione militare in comunicazione con altre torri e castelli vicini, fino all’Adriatico.

La struttura, originaria dell’anno 1000, è costruita interamente in pietra bianca a conci squadrati. Si compone di un maschio centrale e una cinta muraria merlata in ciottoli, dotata di quattro torri d’angolo a base circolare. La pianta è quadrata regolare. Si accede dal lato orientale, tramite una entrata posta a circa cinque metri da terra dotata di una rampa di legno, originariamente retrattile, che poggia su delle mensole in pietra. Ciò che vediamo oggi sono i resti del castello successivi al terremoto del 1703, sottoposti a restauro conservativo tra il 1986 e il 1989.

Il Castello di Rocca Calascio fu a lungo legato alla Baronia di Carapelle. Passò poi seconda metà del Quattrocento ai Piccolomini. Nel 1579 ai Medici, proprietari all’epoca del vicino borgo di Santo Stefano di Sessanio (e non solo).

Ai piedi del Castello, appena sotto la torre di guardia, si sviluppava l’antico borgo fortificato. Nel corso dei secoli il paese si è spopolato, oggi è invece un suggestivo albergo diffuso. Le case del borgo insieme al Castello compongono un unico organismo fortificato. Fu probabilmente realizzato in quanto il castello presentava dimensioni modeste e dunque poteva accogliere un ristretto numero di uomini. Tra borgo e castello era posizionato un ponte levatoio di connessione. La parte alta del borgo fu abbandonata dopo il terremoto del 1703. La parte bassa nel dopoguerra.

Lungo il sentiero che da Santo Stefano di Sessanio raggiunge il borgo e poi la rocca, da visitare è anche la chiesa di Santa Maria della Pietà, stupenda costruzione a pianta ottagonale risalente al 1596, che secondo la leggenda, fu costruita nel punto in cui la popolazione locale riuscì a vincere contro una banda di briganti.

Come arrivare

Il Castello può essere raggiunto in maniera agevole parcheggiando l’auto presso il borgo di Calascio. Alternativa è un trekking ad anello da Santo Stefano di Sessanio.

Dal Borgo si  procede a piedi per 3 km su strada asfaltata fino a un fontanile. Tale strada è percorribile in auto in alcuni mesi dell’anno, non in alta stagione (e servita da bus navetta  comunali). Ma noi vi consigliamo di approfittarne per una bella camminata con un panorama impagabile di compagnia. Dal fontanile inizia il sentiero sterrato che conduce alla Rocca. Da qui in mezzora circa si arriva al cuore della fortezza.

La camminata da Santo Stefano di Sessanio è per certo la scelta più suggestiva. 6 km di percorso a/r (tempo: 3 ore circa) attraverso l’altopiano che congiunge il paese alla rocca.

Contatti

Comune di Calascio (L’Aquila)

Telefono: 0862 930132

Email: sindaco@comune.calascio.aq.it

Castello del Volterraio – Isola d’Elba (Toscana)

Il Castello del  Volterraio, la più antica fortificazione dell’Isola d’Elba, si scorge già arrivando in traghetto a Portoferraio (LI). Si erge a una quota di 394 metri sull’omonimo monte, in una posizione strategica che consentiva di vigilare su tutta l’isola, difendendo nel passato le popolazioni locali dalle incursioni piratesche. Il castello ha origini lontane. L’impianto originario risale al periodo etrusco. Nel 1281 fu ampliato da parte dei Pisani che lo trasformarono in fortezza difensiva. Nel 1440 l’edificio fu ulteriormente rafforzato tanto da diventare inespugnabile anche per i temuti pirati turchi. Durante gli assedi elbani del 1544 e 1554 divenne rifugio. A partire dal 1500 divenne parte della rete di fortezze medicee di Portoferraio.

A pianta esagonale, mostra come componenti più antiche la cinta muraria e la torre. L’ingresso della torre era collegato al cammino di ronda da un ponte levatoio. Interessante è che la torre comunicasse, tramite specifici segnali, con le altre torri di avvistamento del territorio e con la costa toscana. Purtroppo per immaginarlo nei suoi secoli d’oro serve tanta immaginazione. Oggi della struttura restano solo le rovine.

Nel 1999 il castello è stato acquistato dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano che si è impegnato in opere di restauro, mettendolo in sicurezza e ripristinando alcuni elementi architettonici, tra cui l’ingresso originale, il cammino di ronda perimetrale, la torre e la cappella. Grazie alla collaborazione con la Soprintendenza archeologica, è stata recuperata anche la pavimentazione originaria. Accanto all’edificio il Parco si è occupato anche di migliorare il sentiero di accesso, aggiungendo scalini in legno e passamani nei punti più pericolosi.

Come arrivare

Per raggiungere il castello si consiglia di partire dalla piazza di Rio nell’Elba (178 m). Da qui una rapida stradina che attraversa il paese arrivando a un’area pic nic (Le Panche, 327 m). Inizia a questo punto una panoramica via asfaltata che in 2 km porta alle pendici del Volterraio. Si imbocca un sentiero in salita che attraversa un tratto di macchia e poi roccia nuda, conducendo in 40 minuti circa al castello. Si consiglia di non fermarsi solo ai ruderi, ma di raggiungere la cima del Volterraio per ammirare il golfo dall’alto. Tempo di percorrenza: 2 ore circa a/r

Contatti

INFO PARK. Tel 0565 908231

Castello di Pietrapertosa – Basilicata

Il Castello di Pietrapertosa si trova nella parte più alta del paese omonimo, il più alto della Basilicata con i suoi 1088 metri, arroccato tra le Dolomiti Lucane. L’edificio conserva una lunga storia. Sono state finora evidenziate strutture databili tra il 1100 e il 1700.  Il suffeudo di Pietrapertosa, e quindi anche il castello, compaiono nel Catalogus Baronum (seconda metà del 1200) e negli ordini della Curia angioina dell’anno 1278. Attorno a questa data il feudo fu assegnato a Guglielmo de Tournespée, personaggio che seguì Carlo d’Angiò nella conquista del Regno di Napoli. Nel corso dei secoli la struttura è stata proprietà di varie famiglie importanti del Regno, quali i Carafa, gli Aprano, i Suardo, gli Jubero ed infine i Sifola. Nei secoli il castello si è evoluto pertanto da forte a residenza baronale. L’abbandono risale al 1800, a seguito di crolli naturali e poi di demolizioni del primo dopoguerra.

Gli scavi archeologici hanno individuato tre fasi di ampliamento del castello, grazie alla presenza di tre facciate. Nel momento di massima espansione la parte dell’ingresso pare fosse costituita da tre piani conclusi da un sistema di caditoie utilizzate per la difesa dell’ingresso. Alcuni edifici erano addossati alla roccia, all’interno della quale erano anche stati scavati degli ambienti. Su alcune pareti rocciose si ritrovano ancora tracce di tetti a falda.

Dal lato che guarda verso il paese, alla cinta muraria erano addossati edifici costituiti da un seminterrato e da un piano fuori terra, oggi crollati. La cinta fortificata presenta dettagli della tecnica costruttiva medievale caratterizzata dall’uso di diatoni in legno, piccole travi lignee infisse trasversalmente nelle mura secondo una precisa maglia geometrica, così da migliorare l’efficienza delle murature.

A valle della cinta muraria sono ancora in corso scavi per riportare alla luce un grande terrazzo che rappresentava uno spazio a servizio del castello, con funzioni ancora da definire. In tale area è anche presente una necropoli altomedievale, con sepolture ad arcosolio con nicchie e lo spazio di deposizione scavati direttamente nella roccia di alcune guglie di arenaria, anticamente raggiungibili con scale removibili. Un’altra guglia ospita un punto d’avvistamento isolato dalla cinta fortificata. Una gradinata che ancora oggi persiste, scavata nella roccia, conduceva sulla cima del picco roccioso sul quale sorge il castello.

Nel castello sono inoltre presenti due cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. Nella più profonda sono stati ritrovati ben conservati nella melma i resti di un tronetto medievale in legno.

Come arrivare

Consigliamo di raggiungere il castello seguendo il “Percorso delle Sette Pietre”. Un itinerario sensoriale di circa due chilometri (per una durata di 45/60 min) che unisce i comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa, nel Parco Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, un’area verde che si estende per 27.027 ettari. Arrivati al borgo di Pietrapertosa in auto o attraverso il percorso delle Sette Pietre si attraversa il suggestivo quartiere arabo della Rabatana e si procede in salita affrontando una bella gradinata che inizia dalle ultime case del centro abitato, arrivando così al castello.

Contatti

Comune di Pietrapertosa

Telefono: 0971 983052

Castello di Roccamandolfi – Molise

Il castello molisano di Roccamandolfi (IS), probabilmente edificato attorno a metà X secolo dal longobardo Maginulfo, si erge a 1080 metri, in un punto altamente strategico, che consentiva il controllo sulle vallate dei fiumi Biferno e Volturno. I ruderi raccontano una storia lunga e tortuosa.

Di origine longobarda, fu teatro di assedi da parte delle truppe di Enrico VI nel 1195. Il conte di Molise, Ruggero di Mandra, alleato di Tancredi d’Altavilla, resistette strenuamente. Tra il 1221 e il 1223 Federico II provò nuovamente ad assediarlo ma si dovette scontare con Tommaso di Celano, affatto intenzionato a cedere la fortezza. Nel 1269 nel castello si era rifugiato un gruppo di Catari che furono scovati e catturati dagli emissari di Carlo D’Angiò. In quanto rifugio di eretici la struttura fu abbattuta e mai più ricostruita.

Ciò che vediamo oggi sono i resti di parte della cinta muraria. All’interno è in stato di rudere. Sono però ancora visibili due torri circolari. Una a controllo dell’ingresso, e tre torrette “a cavaliere” che partono direttamente dalle mura, senza poggiare sul terreno. All’interno è ricostruibile il “palatium” che doveva essere un possente torrione quadrangolare più alto delle mura del castello.

Come arrivare

Al castello si giunge dal paese di Roccamandolfi che si sviluppa alla sua base. Partendo dalla parte bassa dell’abitato, si raggiunge il castello con percorso vario, prima urbano poi, nella parte a quota più elevata, mediante un sentiero erboso, all’ombra dei pini. Punto di partenza è lo spazio antistante la croce viaria del paese, risalente al XIV secolo. Si prosegue attraverso le stradine selciate del paese, risalendo da quota 780 a quota 880 m. Superate le ultime case inizia il paesaggio montano. Incontrata alla sommità del paese la strada asfaltata, la si percorre per un breve tratto sino all’edificio del serbatoio dell’acquedotto e alla piccola area attrezzata, dove si può sostare per ammirare il Monte Miletto (m.2050).

Da qui inizia il sentiero erboso. Prima di incontrare la pineta, sulla destra ci si può affacciare da un balzo roccioso per ammirare il corso del torrente Callora e la profonda gola da esso scavata. Proseguendo in leggera salita lungo il sentiero, si incontrano resti di murature del vecchio abitato medioevale che sorgeva attorno al castello. Si arriva in breve tempo all’entrata del castello. Si può ritornare al paese scendendo lungo il medesimo percorso o percorrendo la strada carrabile Roccamandolfi-Longano.

Il tracciato di circa 2km a/r è facile e suggestivo in ogni periodo dell’anno, in inverno può presentare neve al suolo. Tempo di percorrenza: 1 ora circa a/r

Riscendendo dal Castello, senza tornare sulla strada principale, si incontra sulla destra un sentiero ben segnalato che conduce al ponte tibetano. Un piccolo capolavoro di ingegneria e carpenteria metallica che consente, sospesi nel vuoto, di attraversare il Canyon scavato dal fiume Callora.

Contatti

Comune di Roccamandolfi

Telefono: 0865 816133

Castello di Acquafredda

Facciamo anche un salto al di là del mare, raggiungendo le alture della Sardegna. Il castello di Acquafredda è un’importante testimonianza di struttura fortificata di epoca medioevale che si trova a Siliqua, a circa 30 km da Cagliari. La fortezza si innalza su un colle di origine vulcanica che si eleva come un cono fino a 256 metri di quota. Il sito, denominato “Domo Andesitico di Acquafredda”, è stato istituito a Monumento Naturale dalla regione Sardegna.

Stando a una bolla Papale datata 30 luglio 1238,  il castello sembrerebbe già esistente in tale epica. È però opinione diffusa attribuire la sua costruzione alla famiglia del celebre nobile pisano Ugolino Della Gherardesca, che dal 1257 divenne Signore della parte sud – occidentale della Sardegna dopo la caduta del Giudicato di Cagliari. Un nome che ritroviamo nella Divina Commedia di Dante. Caduto in disgrazia, il conte fu imprigionato a Pisa nella torre dei Gualandi poi chiamata “Torre della Fame” dove morì nel 1288. Dante lo colloca all’Inferno tra i traditori della Patria. Dopo la morte di Ugolino la fortezza passò in mano ai pisani, poi agli Aragonesi (1324) e in seguito da un feudatario all’altro fino a essere riscattata da Vittorio Amedeo III di Savoia (1785).

Il castello si erge a 4 km da Siliqua e una volta scalate le pendici del cono roccioso, si può godere di una vista che spazia dal verde della valle del Cixerri sino a Cagliari, dalla Marmilla all’Iglesiente. La struttura si innalza tra la macchia mediterranea e si articola su tre livelli che seguono l’andamento del pendio. Si accede al castello a quota 150 metri, da una porta un tempo difesa da tre torri raccordate da una cinta muraria. Oggi ne sopravvive solo quella centrale, di recente ristrutturata. All’interno della linea difensiva, si trovava il borgo con alloggi, magazzini, stalle, cisterne e mulini. A circa 200 metri svetta la torre cisterna, che assicurava una cospicua scorta d’acqua. Il nome Acquafredda deriva infatti da una sorgente che sgorga dalle rocce del colle.

A 250 metri di quota si elevano le imponenti mura del mastio, abitazione del castellano, accessibile da un ponte levatoio. L’edificio aveva anche un piano sotterraneo con cisterna (ancora oggi ben conservata), due piani e una terrazza guarnita da merli ‘guelfi’. L’accesso immetteva in uno spiazzo, attorno al quale si distribuivano gli ambienti. Al secondo piano ancora è ammirabile la torre di guardia dove si dice sia stato rinchiuso Vanni Gubetta, complice dell’arcivescovo Ruggeri (anche lui ospite dell’Inferno dantesco) nel tradimento di Ugolino.

Il castello di Acquafredda era inespugnabile. Resistette a numerosi assedi senza mai essere preso con la forza. Sono stati gli agenti atmosferici e la trascuratezza a portarne al progressivo crollo delle mura.

Come arrivare

Il castello, come anticipato, si trova a 4 km circa da Siliqua. L’escursione può partire dal paese o dalla base del cono su cui erge l’edificio. Da qui parte il sentiero che serpeggiando in risalita lungo il colle porta a raggiungere i vari livelli del castello fino alla cima (256 m). Tempo di percorrenza: 2 ore a/r

Contatti

Antarias Società Cooperativa gestione Parco Archeologico del Castello di Acquafredda

Telefono: 349 1564023/349 7428014

Email: antarias@tiscali.it