LORENZ D’ARABIA
LA GUERRE SAINTE (Nassrani N, Wadi Rum desert)
Arnaud Petit e co. 2000 (400m 7b, ob. 6c/7a, S2+)
Un pomeriggio di metà Settembre
Conversazione con Eloisa Izzo:
- E: “Lolli ti ricordi che ho quel buono acquisto della Ryanair che mi hanno regalato?”
- L: “Ciao Stellì…certo perchè? “
- E: “Ho trovato un’offerta per la Giordania… andiamo?”
- L: “Giordania… Spettacolo … Andiamo!”
- E: “Siiiiiiiiiiii!!!”
- L: “Chiariamo subito le cose però. Io prima voglio andare a scalare nel deserto di Wadi Rum e poi, se sarò contento, andremo a vedere Petra, Amman e tutto il resto ?”
- E: “Sei sempre il solito, si puó parlare solo di Alpinismo con te… Andare in Giordania solo per scalare e non andare a vedere Petra è proprio da stronzi!”
- L: “Mmmm… forse hai ragione ?”
“Il giorno prima di partire ho preso delle pasticche di Imodium e sono passato dal fare continuamente cacca di consistenza non commentabile, a non farla per niente”
Il 30 ottobre montiamo in aereo, partendo dall’aeroporto di Ciampino, e dopo 3 ore e 30 minuti di viaggio atterriamo ad Aqaba, sul Mar Rosso. L’eccitazione è alle stelle e non vedo l’ora di mettermi a scalare, ma sono in ansia perchè da qualche giorno ho problemi intestinali.
Il giorno prima di partire ho preso delle pasticche di Imodium e quindi sono passato dal fare continuamente cacca di consistenza non commentabile, a non farla per niente. Sto ancora peggio di prima, sento che devo evacuare da più di 24 ore, ma non riesco in nessun modo; come se mi avessero messo un bel tappo di sughero impossibile da eliminare.
Comunque dopo un piccolo tour in barca, ci facciamo portare da un taxi nella Riserva del deserto di Wadi Rum, dove avevamo prenotato tre notti in tenda, dentro un campo beduino.
Appena arrivato mi sento come T. E. Lawrence… Sì, proprio Lawrence d’Arabia. Proprio l’autore de “I Sette Pilastri Della Saggezza”, personaggio protagonista del famoso film…
Questo deserto trasuda la sua incredibile e controversa storia durante la Guerra di Ribellione Araba, della quale fu testimone e protagonista.
Sabbia rossa, cammelli, pareti verticalissime, canyons e vegetazione ridotta all’osso sono gli unici elementi che definiscono un’incredibile panorama, fatto di vento e polvere.
Il nostro obiettivo è scalare la mitica via “Le Guerre Sainte”, un masterpiece del fortissimo francese Arnaud Petit realizzato nel 2000.
La mattina dopo ci svegliamo presto e ci facciamo accompagnare, con un fuori strada, da una guida del posto fin sotto la parete Est del monte Nassrani Nord. Io sono ancora sofferente e costipato, ma ignoro le brutte sensazioni perchè ho una voglia matta di strizzare qualche tacca.
Ci facciamo lasciare il più vicino possibile all’attacco della via e chiediamo a Mahadi di venirci a prendere verso il tramonto.
“La via ti fa capire dal primo tiro che bisogna abbassare la testa e soffrire”
Mentre facciamo quelle poche centinaia di metri di camminata che ci mancano per iniziare ad arrampicare succede l’inaspettato. Mi allontano con la faccia sorridente da Eloisa, mi nascondo dietro un pietrone, mi rannicchio e riesco a liberarmi di quell’enorme e molesto peso che portavo nell’intestino da ormai troppe ore. Ancora più contento mi riavvicino ad Eloisa e dico: “se questo è l’inizio giornata, è matematico che la via oggi la portiamo a casa”. Lei risponde:”Ah! Meno male! Quindi hai finito di lamentarti tutto il giorno…”
Purtroppo l’ultima osservazione di Elo non si rivelerà vera, perché la via, gia dal primo tiro, ti fa capire che bisogna abbassare la testa e soffrire; anche perché è la nostra prima volta sulla SandStone (la via è comunque ben protetta con lunules, fix, e tasselli resinati).
La parete è spettacolare, sempre ed assolutamente verticale, forse un pelino strapiombante ( 91° gradi per capirci).
I primi tiri si fanno sentire ma filano via senza difficoltà. I problemi sono il 5° tiro e gli ultimi tre (escludendo l’ultimissimo di 6a che è praticamente un trasferimento verso la cima, che poi si raggiunge a piedi).
Quattro tiri di 7b sempre molto continuo, dove l’obbligatorio non scende mai sotto il 6c.
Sia io che Eloisa sbuffiamo e arranchiamo (qualche protezione l’abbiamo tirata per bene) ma le fatiche ripagano e ci ritroviamo un po’ sconvolti alla fine.
Velocissimamente ci rimettiamo a fare le doppie per scendere, senza purtroppo arrivare in cima. Le giornate finiscono presto in questo periodo dell’anno ed alle 18:00 è buio pesto.
Infatti le ultime doppie le facciamo nel buio più totale e, come se non bastasse, con una delle corde danneggiata (forse a causa della forte capacità abrasiva di questa strana roccia fatta di sabbia compatta, simile alla carta vetrata). Purtroppo a causa di questo imprevisto non potremo più arrampicare.
Raggiungiamo il pick-up di Mahadi, che ci aspettava gia da un po’, e ritorniamo stanchi al campo per rifocillarci con del buon cibo “beduino”, dell’ottimo té alla menta (come si usa da queste parti) ed una luuuunga dormita.